NonSoloTernana

RICORDANDO VELIO CON I SUOI ARGUTI EDITORIALI- articolo n.2

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Uno degli allenatori ternani più vincenti, e senza vantarsene, nel mondo del calcio dilettantistico umbro, oltre che grande amico da sempre, è Velio De Santis, che per tanti anni ha reso interessante con le sue lucide e competenti analisi tecnico-tattiche la trasmissione che conducevo ogni lunedì, e per tanti anni, a Tele Galileo. Un personaggio incredibile, intriso di una cultura inarrivabile in molti ambiti e soprattutto in quelli sportivi dove parlava indifferentemente, con competenza e lucidità, di calcio, ciclismo, pugilato ed atletica leggera. E devo gran parte del successo di ” Notte Gol ” proprio a lui. Tra le altre cose Velio, scomparso nel maggio del 2018, ha scritto tanti articoli per una rivista ” Valnerina In ” di cui ero direttore responsabile negli anni 2007-2008. Con mia grande soddisfazione ho ritrovato quei numeri della rivista in cui Velio, con la sua prestigiosa penna, scriveva i suoi articoli sia che si trattasse della sua Valnerina, della sua Montefranco, delle vicende calcistiche delle squadre del comprensorio o delle imprese dei grandi campioni. Ma non solo! Ed allora vorrei far rivivere quegli articoli sulle colonne di www.ternanatime.com sperando che tutti coloro che lo hanno conosciuto apprezzino l’iniziativa. Oggi Vi proponiamo un articolo dal titolo ” Sentimenti Contrastanti “ che Velio De Santis scrisse per il n. 6 di “Valnerina In ” del 18 novembre 2007 prendendo spunto dal grave fatto accaduto a Gabriele Sandri ( Gabbo ) tifoso laziale ucciso nell’area di servizio di Badia al Pino da un colpo di pistola. E’ impressionante come nelle riflessioni di Velio ci siano aspetti comuni con quanto accade oggi a distanza di 18 anni.

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SENTIMENTI CONTRASTANTI DI VELIO DE SANTIS

ARTICOLO del 18 novembre del 2007

In una Roma bagnata dalla pioggia d’autunno si stanno in queste ore consumando scene di guerriglia urbana. Alla morte di un giovane avvenuta in modo ancora oscuro, sicuramente frutto di scellerata e gratuita violenza non si trova di meglio che rispondere con altrettanta ferocia innescando una spirale che rischia di travolgere cose assai più importanti del calcio che, mai come in questo momento, sembra essere soltanto il pretesto che la gente usa per esprimere un diffuso ed inquietante malessere. Tutte le morti meritano rispetto ma quando è un giovane a perdere la vita, uno che ha l’età dei tuoi figli, resta un dolore inconsolabile. Ogni morte in qualche modo è assurda ma essere stroncati su un’area di sosta autostradale, in mezzo al fragore delle auto che continuano a correre, nella mattinata di una domenica che hai progettato di vivere insieme agli amici, in maniera diversa dalle altre, mi pare particolarmente atroce. Michele Plastino, da cronista intelligente, accorto qual’è, invoca immediata chiarezza su quanto accaduto perchè non ci sia un’esplosione di violenza come nelle banlieues delle città francesi. Ma la chiarezza forse non basterà. Adesso bisognerà proteggersi dal solito diluvio di dichiarazioni scontate che perverranno da persone del mondo dello sport e delle istituzioni ed anche da coloro che trovano spazio ed occasione per far sentire la loro voce senza aver niente da dire.

Non abbiamo nessuna intenzione di aggiungerci a questo coro ma solo la volontà di compiere alcune riflessioni che da questa vicenda traggono solo lo spunto. Il problema è la violenza che cova, all’interno, forse, di ciascuno di noi, che esplode improvvisa, in modo incontrollato, nelle forme più ripugnanti ed esecrabili. La cronaca è zeppa di fatti incredibili che spesso accadono all’interno delle famiglie o nell’ambito delle persone che si conoscono e si amano. Cresce il bisogno di sicurezza, si elevano barriere e fili spinati, si piazzano telecamere a circuito chiuso e, in fondo, si tira un sospiro di sollievo quando si apprende che il crimine è stato commesso da un ” altro “, rumeno o albanese che sia. La cosa che più stupisce quando si parla degli autori di qualche efferato delitto è la loro apparente “normalità “; persone che incontri per strada o per le scale del tuo palazzo, ti salutano sorridendo e, subito dopo, compiono gesti di cui mai li avresti ritenuti capaci. Credo che la questione di fondo è quella della paradossale solitudine nella quale in questo mondo globalizzato e a portata di internet molte persone si trovano a vivere disperatamente; coltivano in silenzio e a lungo il loro disagio che a volte, dopo lunghissime incubazioni, deflagra in modo devastante. Appunto il cosiddetto ” disagio della normalità”.

La violenza che più sgomenta non è tuttavia quella che compie gesti di ormai ordinaria follia ma di quanti, a diverso titolo e talvolta con apparenti ragioni, invocano la forza per regolare i rapporti tra le nazioni e all’interno di esse distinguendo la violenza buona da quella esecranda. Quando si mettono a ferro e fuoco interi paesi chiamando effetti collaterali il massacro di migliaia di bambini e di civili inermi in nome della suprema superiorità della propria cultura e della propria civiltà non si è troppo dissimili da coloro che sperando di guadagnare il paradiso si fanno saltare in aria nel mezzo di un mercato. In Italia pochi giorni fa ci si è opposti alla costituzione di una commissione d’inchiesta per i fatti della scuola Diaz che pure sono stati considerati come l’evento più grave avvenuto, in questi ultimi anni, in una democrazia occidentale. Allora qualcuno teneva a dire che stava dalla parte della polizia , ” a prescindere”, come se dovesse essere garantita in uno stato di diritto, ad una determinata categoria di cittadini una pregiudiziale impunità. Oggi il comportamento irresponsabile di un agente ( se i fatti lo confermeranno ) diventa l’occasione per scatenare rivolte contro le forze dell’ordine. Il problema è che quando si ragiona per categorie la democrazia è in pericolo dovendo uno stato saggio e forte perseguire il delitto individuando e colpendo inflessibilmente le responsabilità dei singoli o dei gruppi di delinquenti, senza rischiose generalizzazioni. La storia recente del nostro paese è segnata da stragi che, nella maggioranza dei casi, non hanno ancora colpevoli e la violenza più grave è, a volte, quella della menzogna. Tornando alle cose del calcio sappiamo che molti dei soliti noti invocheranno misure più severe che immancabilmente falliranno lo scopo come quelle che le hanno precedute. Forse bisognerà avere il coraggio di Ghandi e Capitini e rendersi conto che un mondo senza violenza forse non ci sarà ma sarebbe l’unico mondo possibile. E’ mia impressione che nella rivolta degli ultras non ci sia nessuna ansia di giustizia ma solo la volontà di prendersi una rivincita contro la polizia che ha tentato qualche volta di frenare il loro delirio. Passamontagna e mazze da baseball, le svastiche e il saluto romano con lo sport non c’entrano e lo stadio non può essere una zona franca, dove la legge è bandita. Non so cosa accadrà nei prossimi giorni se la protesta si estenderà o se tutto ritornerà nel silenzio. Fino al prossimo morto“.

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Redazione

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