Velio De Santis nel corso di una trasmissione a Tele Galileo
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Uno degli allenatori più vincenti nel mondo del calcio dilettantistico umbro, oltre che grande amico da sempre, è Velio De Santis, che per tanti anni ha reso interessante con le sue lucide e competenti analisi tecnico-tattiche la trasmissione che conducevo ogni lunedì, e per tanti anni, a Tele Galileo. Un personaggio incredibile, intriso di una cultura inarrivabile in molti ambiti e soprattutto in quelli sportivi dove parlava indifferentemente, con competenza e lucidità, di calcio, ciclismo, pugilato ed atletica leggera. E devo gran parte del successo di ” Notte Gol ” proprio a lui. Tra le altre cose Velio, scomparso nel maggio del 2018, ha scritto tanti articoli per una rivista ” Valnerina In ” di cui ero direttore responsabile negli anni 2007-2008. Con mia grande soddisfazione ho ritrovato quei numeri della rivista in cui Velio, con la sua prestigiosa penna, scriveva i suoi articoli sia che si trattasse della sua Valnerina, della sua Montefranco, delle vicende calcistiche delle squadre del comprensorio o delle imprese dei grandi campioni. Ma non solo! Ed allora vorrei far rivivere quegli articoli sulle colonne di www.ternanatime.com sperando che tutti coloro che lo hanno conosciuto apprezzino l’iniziativa. Ed iniziamo, allora, con l’articolo del numero 4 di ” Valnerina In “del 21 ottobre del 2007.
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NOSTALGIA DI DEL PIERO
Il periodo no, il rinnovo contrattuale e l’esclusione dalla nazionale
“Recita uno dei più diffusi luoghi comuni del mondo del calcio che le partite si vincono o si perdono, sempre, a centrocampo. Questa volta sono ( moderatamente ) d’accordo con questa affermazione. Un centrocampo manovriero, creativo aiuta molto i suoi giocatori d’attacco e la difesa corre meno rischi, evidentemente, se adeguatamente protetta. Non è tuttavia facile sistemare questo nevralgico reparto in modo equilibrato cosicché ogni giocatore che ne fa parte possa agire in perfetta sincronia con i suoi compagni di linea. Un tempo ogni giocatore di gran talento, almeno nel nostro calcio, doveva avvalersi di grandi e spesso oscuri corridori che consentissero al campione le pause di cui aveva bisogno e di non impregnare di acido lattico i suoi nobili garretti. Lodetti e poi Benetti facevano il lavoro sporco per Rivera, capace come forse nessuno al mondo di creare gioco con i suoi lanci imprevedibili e millimetrici. Altri giocatori erano altrettanto precisi, Suarez, ad esempio, ma non avevano la genialità dell’alessandrino: un conto è eseguire puntualmente una giocata ma è ben altra cosa inventarla. Sulla presunta fragilità di Rivera sono state dette e scritte molte cose a cominciare da Gianni Brera. Però pochi ricordano la sua longevità sportiva ed il fatto che ha segnato più gol del suo eterno rivale Mazzola nonostante quest’ultimo avesse certamente caratteristiche più offensive. Vero è che nel calcio di allora si davano ai campioni più chances e non li si buttava impietosamente fuori se solo vivevano una domenica di scarsa vena. Le crisi, immancabili nella carriera di ogni grande campione, si superavano giocando e non immalinconendo in panchina.
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Questo calcio frenetico e dissennato brucia rapidamente i suoi idoli: acquista nazionali facendone riserve e pretende che chiunque entri in campo dia sempre il meglio di sè. Il problema è che il talento, quando c’è, non va mortificato e necessita di una pregiudiziale fiducia. Non deve sentirsi sempre in discussione, costretto ogni domenica a fare mirabilie pena l’esclusione dalla squadra magari con il pretesto di volerlo preservare. Ho iniziato questa nota senza avere l’intenzione di affrontare questo argomento ma voglio ora dichiarare il fastidio per come ormai in molti trattano Del Piero sapendo oltretutto che, per la persona che è, non rischiano molto. Mi piacerebbe sapere se il Ranieri indomito di oggi ( era il 2007 ) avrebbe avuto lo stesso atteggiamento prima di approdare sulla panchina della Juve, quando un parere sfavorevole di ” Pinturicchio ” fresco capocannoniere della B, lo avrebbe probabilmente condannato a prospettive meno lusinghiere. E ” gufo triste ” Donadoni si accorge solo di Del Piero quando in azzurro sfodera prestazioni poco brillanti riuscendo a compiacersi persino della vittoria sulla Georgia, propiziata da una ” Cappella ” gigantesca del suo disoccupato portiere. Intendiamoci, il campione che sul finire della carriera ingaggia un durissimo braccio di ferro per il rinnovo di un contratto che come proposto dalla società non rischia di farlo finire in miseria, francamente non mi piace. E’ altrettanto vero che Del Piero in nazionale, al contrario di Roberto Baggio, non si è quasi mai espresso all’altezza del suo talento ma quando la muta dei giornalisti lo dilania al termine del confronto con i francesi che tutti, o quasi, hanno giocato malissimo io sto dalla sua parte. Ha perso certamente la potenza sospetta di qualche anno fa ed è avviato verso il naturale declino ma insieme a Di Natale che a trent’anni non è ancora un campione e a Quagliarella che probabilmente non lo diventerà mai forse Del Piero poteva anche starci. Ma le sorti del nostro calcio molti lo legano a Cassano che in effetti meglio di chiunque altro esprime lo spirito più autentico e miserevole del nostro straordinario e martoriato paese. Per qualche tempo ogni giocata del ragazzo di Bari vecchia ci sarà presentata come un’autentica prodezza e si tornerà a mostrare comprensione per le sue stravaganze fin quando non sarà lui stesso ed il suo clan a togliersi di scena. Speriamo in via definitiva. ( Velio De Santis, ottobre 2007 )
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